La direttiva UE “Case Green” è un insieme di norme e regolamenti che stabiliscono gli standard minimi per l’efficienza energetica degli edifici all’interno dell’Unione Europea. Questa direttiva è stata introdotta con l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas a effetto serra e migliorare la qualità dell’aria, nonché di aiutare le famiglie a ridurre i propri costi energetici.
Le ultime ratifiche risalgono al 9 febbraio scorso e un successivo ok, ribadito dal parlamento europeo il 14 Marzo; Strasburgo ha dato il via libera con 343 voti a favore, 216 contrari e 78 astenuti alla direttiva sulle case green che stabilisce alcuni obbiettivi ambiziosi ma ben definiti, il primo è portare l’efficenza del parco immobiliare alla classe E entro il 2030. Il secondo obiettivo, a lungo termine, è di rendere tutti gli edifici dell’UE a “emissione zero” entro il 2050, il che significa che gli edifici produrranno la stessa quantità di energia rinnovabile che consumano.

Nel dettaglio la normativa prevede la definizione di requisiti minimi per l’efficienza energetica degli edifici, che devono essere rispettati in caso di nuove costruzioni e importanti ristrutturazioni.
Inoltre, gli Stati membri dell’UE sono invitati a promuovere la ristrutturazione degli edifici esistenti al fine di migliorare la loro efficienza energetica e rappresenta un impegno per migliorare l’efficienza energetica degli edifici in Europa, con l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale e migliorare la qualità della vita delle persone.
Per quanto gli obbiettivi siano così idilliaci ci sono diverse preoccupazioni e obiezioni sono state sollevate nei confronti della normativa UE “Case Green” da alcuni settori dell’industria, del governo e della società civile.
Le principali preoccupazioni sono le seguenti:
- Costi elevati: la conformità alle normative potrebbe aumentare i costi di costruzione e di ristrutturazione degli edifici, specialmente per le case esistenti, con l’effetto di ridurre la disponibilità di alloggi accessibili.
- Impatto economico: l’impatto sulla competitività delle aziende, sulle esportazioni e sull’occupazione, con l’effetto di limitare la crescita economica.
- Difficoltà di implementazione: la complessità dei requisiti delle norme e la mancanza di uniformità tra i vari Stati membri potrebbe rendere difficile per le aziende conformarsi alle normative.
- Incoerenza della politica: la normativa potrebbe essere in conflitto con altre politiche di settore, come quella dell’edilizia sociale e della protezione dei patrimoni storici.
- Mancanza di incentivi: la mancanza di incentivi economici, come tasse e sgravi fiscali, potrebbe limitare l’adozione delle nuove normative da parte degli operatori.

Il fronte dei contrari:
Paesi come la Polonia e l’Ungheria hanno espresso le maggiori critiche alla direttiva UE “Case Green”, sostenendo che le nuove norme rappresentano una minaccia per la competitività delle loro economie e per la sicurezza energetica.
Recentemente anche l’Italia si è aggiunta ufficilmente alla cordata di chi si oppone alla direttiva con una mozione parlamentare passata con 167 voti a favore e 123 contrari, impegna il governo «ad adottare le iniziative di competenza presso le competenti istituzioni europee al fine di scongiurare l’introduzione della disciplina nell’ottica di tutelare le peculiarità dell’Italia e, dunque, garantire al nostro Paese la necessaria flessibilità per raggiungere obiettivi di risparmio energetico più confacenti alle proprie caratteristiche».
Vero tutto, vero che sarà complicato efficentare il parco immobilaire e vero che i tentativi fatti fin’ora di facilitare la transizione, in primis il bonus 110%, non sono esenti da critiche.
Ma nel fare i conti chi è a favore del piano UE sostiene che bisogna tenere in conto i costi diretti e indiretti della scarsa efficenza energetica tra cui: consumi energetici elevati, costi elevati per il riscaldamento e il raffrescamento degli edifici, emissioni di gas a effetto serra e basso livello di comfort abitativo. Inoltre molte delle abitazioni in Italia sono caratterizzate da una scarsa ventilazione e isolamento termico, con conseguenti problemi di umidità e muffe.

Cosa ne penso?
Per concludere voglio sottoporvi una riflessione che sento mia e che va “contro” l’efficientamento energetico indiscriminato:
Credo sia spesso sottovalutata o sopravvalutata a seconda del punto di vista la stima dei reali costi e benefici degli interventi di efficientamento, sia in termini economici che ambientali.
In altre paroe gli interventi di efficientamento energetico non sono a impatto zero e il gioco deve valere la candela e un investimento in Scandinavia non ha lo stesso ritorno (economico ed energetico) di uno in centro Italia.
Ultimamente si insiste molto sui cosiddetti “cappotti esterni”: la riflessione che andrebbe fatta è se davvero vale la pena di rivestire di polistirolo (un elemento molto inquinante) intere città in zone dove il riscaldamento si accende pochi mesi all’anno.
Senza contare il già citato conflitto che questa misura ha con la protezione del valore storico/monumentale dei centri storici.
Considerando bene questi aspetti si può ragionare sull’impatto reale degli interventi e quali siano i più convenienti nei singoli casi e regioni, altrimenti il rischio è che le classi energetiche diventino solo un altro parametro dal vuoto valore burocratico.